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386.


Già non sei tu del cielo un dio superno,
  Ch’avaro del tuo dolce il merchi e vendi,
  E te medesmo altrui ritogli e rendi
  4Or caro, or a vil pregio e quasi a scherno;
Ma dal sen de la terra oscuro interno
  Con fallace beltà riluci e splendi,
  Pur come l’oro onde sei preso e prendi
  8E ’l tributo riporti al cieco inferno.
Amor venale, indegno e falso amore,
  Per te sol ricco è Dite, e fatto il mondo
  11Povero, di valor non ha piú dramma.
Deh! qual avrai là giú perpetuo ardore,
  In cui tu lordo e di tue colpe immondo
  14Purgarti possa al fin com’oro in fiamma?


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