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412.
Ad istanza del signor Giulio Mosti.
Tanto io v’amava già ch’oltre quel segno
Alcun passar non suole; ed altro obbietto
Né ’l mio pensiero avea né ’l vago affetto
4Che di mostrarsi a voi di voi sol degno,
Quando beltà, ch’in femminil ingegno
Orgoglio accresce e ’n giovenile aspetto,
Strano desío svegliò nel vostro petto
8Che destar poi nel mio poté disdegno.
E far di me troppo spietata prova
Con nova arte voleste e con novello
11Non so se scherno il chiamo o pure inganno:
Ond’io partii da voi qual da tiranno
Giusto nemico suol, ma non ribello;
14Né là ritorno ov’il servir non giova.
413.
Amor sdegnato. Ad istanza del signor Giulio Mosti.
Pittor, che ’n cigno e ’n toro
Fingi converso Giove e ’n pioggia d’oro,
Maraviglia di questa assai piú nova
Nel core ascondo e celo:
5Chi la potrebbe mai ritrarre a prova?
Che ’l foco è volto gelo,
E dentro Amor come leon vi rugge,
E tutti i miei desir vaghi e soavi
In sdegni acerbi e gravi,
10Tal che la vita per dolor si strugge.
Rime di T. Tasso, II. | 29 |
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