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416.

Loda la signora Laura... ad istanza del signor Giulio Mosti.


Non s’agguagli al mio lauro
  Quel ch’un tempo fioriva
  Di Sorga in su l’ombrosa e verde riva,
  Perch’egli crebbe a l’amoroso pianto
  5Onde fe’ largo rio
  Di chiaro ingegno la feconda vena,
  E questo, s’odo a l’ombra il dolce canto,
  Non suol giammai turbar fronte serena;
  Ma ’l suo piú debbe a l’arte e l’arte al mio.


417.

[Ad istanza del signor Giulio Mosti.]


Dolce mia fiamma, dolce
  Mia pena e mio tormento,
  Dolce è ’l languir, dolce è ’l martir ch’io sento,
  Dolci sono i tuoi raggi e le faville;
  5E mentre a mille a mille
  Passano in questo core,
  Dico, — s’egli si more,
  Il suo morir non prezza,
  Né morrà per dolor ma per dolcezza. —


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