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12 una partita a scacchi

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  Aveo smesso di leggere per sonnecchiare, ed era
  L’autunno, ve l’ho detto, e per giunta, la sera.
Il libro raccontava storie vecchie e infantili
  Di castelli, di fate, di valletti gentili.
  Talora licenzioso nei motti, ma coll’aria
  Di un nonno che sorrida con malizia bonaria.
  È strano come in quelle pagine polverose
  L’amor sia schietto, e tutte le vicende festose. Si
  direbbe che il tempo, inflessibile a noi,
  Abbia corso a ritroso per tutti quegli eroi.
  Le mura dei castelli son corrose e infrante,
  E suvvi ci si abbarbica l’edera serpeggiante.
  Son mozzate le torri, i merli son caduti,
  Le sale spaziose i bei freschi han perduti;
  I camini giganti dall’ali protettrici
  Son colmi di macerie, stridon sulle cornici
  I più grotteschi uccelli: ma sereni, sicuri,
  Più forti che le torri e più saldi che i muri.
  Quelli uomini di ferro d’ogni mollezza schivi
  Si parano alla mente baldi, parlanti e vivi. Son
  là, coll’armi al fianco, col grifalco in mano,
  Ieri: leon di guerra, ed oggi: castellano.
  Ignoranti di patria, di libertà: capaci
  Di morire per un nome od un paio di baci.
  Con tre motti stampati nel cuore e nella mente:
  Il Re, la Dama, Iddio; e su questi, lucente

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