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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tebaldo e Isolina.djvu{{padleft:23|3|0]]
si getta fra le di lui braccia
Tu vivi? con tenerezza reciproca
Boe. Ancor ti stringo al sen!
Teb. Qual giorno
Di contenti è mai questo!
Boe. Oh sì; nè a caso
Ci riunisce il Ciel. Sì, esulta, omai
I giuramenti tuoi compir potrai,
E le nostre vendette.
Teb. turbandosi Come? - e forse?...
Boe. Del nuovo dì la luce
Più non vedranno i nostri
Orgogliosi nemici:
L’odiata stirpe estinguerem.
Teb. agitato Che dici?
(Ohimè!...) Padre, e t’esponi?... qui? e se mai?..
Boe. Assicurato è il colpo:
Estinto ognun mi crede. - Infra l’orrore
Della notte vicina
Tutti li svenerem.
Teb. con affanno, e fremito mal trattenuto
(Cielo! - eh Isolina!)
Boemondo cava un pugnale, e lo mostra a Teb.
Questo acciaro, che del sangue
Di tua madre è tinto ancora,
Ch’io bagnai di pianto ognora,
Che serbava al tuo furor...
La tua destra or lo brandisca,
E punisca il traditor.
Teb. Quell’acciar, quel caro sangue
Cela, o padre, ai sguardi miei.
Io resister non saprei