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FRANCESCO PETRARCA

65 iii

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Q
UEL vago impallidir, che ’l dolce riso

D’un’amorosa nebbia ricoperse,
  Con tanta maestade al cor s’offerse,
  4Che li si fece incontr’a mezzo ’l viso.
  Conobbi allor sì come in paradiso
  Vede l’un l’altro: in tal guisa s’aperse
  Quel pietoso pensier, ch’altri non scerse,
  8Ma vidil’io, ch’altrove non m’affiso.
  Ogni angelica vista, ogni atto umile,
  Che già mai in donna, ov’amor fusse, apparve,
  11Fôra uno sdegno a lato a quel ch’i’ dico.
  Chinava a terra il bel guardo gentile,
  E tacendo dicea, com’a me parve:
  14‘ Chi m’allontana il mio fedele amico? ’


Canzoni

66 i

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C
HIARE, fresche e dolci acque,

Ove le belle membra
  Pose colei che sola a me par donna;
  Gentil ramo, ove piacque
  5(Con sospir mi rimembra)
  A lei di fare al bel fianco colonna;
  Erba e fior, che la gonna
  Leggiadra ricoverse
  Con l’angelico seno;
  10Aer sacro sereno,
  Ov’Amor co’ begli occhi il cor m’aperse;
  Date udienza insieme
  Alle dolenti mie parole estreme.


H   2 115

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