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PANDOLFO COLLENUCCIO

  Tu i nostri mali adombri
  Di eterna oblivïon. Delle tue scorte
  80Dunque m’affida, ed a te vengo, Morte.’
  Qual di famosi ingegni è maggior gloria,
  Ebrei, Greci, Latini, Arabi e Persi,
  Di lingua e stil diversi,
  84Quanti di che le carte or fan memoria
  Te han scritta e disiata!
  Felice, disse alcun, chi muore in fasce:
  Altri, quando la vita più diletta;
  88Chi, quando men s’aspetta:
  Molti beato disser chi non nasce,
  Molti con forte man t’han cerca e tolta,
  Grave turba e non stolta!
  92Tu, co’ liberi spirti e giusta e grata,
  Dagli schiavi li parti; tu ne sepri
  I fior dagl’irti vepri;
  Or tu l’ira regal fa che s’ammorte
  96Dentro il mio sangue: tel consacro, o Morte.
  Ben prego prima Lui che sovra il legno
  La rabbia estinse dell’orribil angue,
  Che di suo diro sangue
  100N’asperga e mondi placido e benegno,
  Guardando sua pietate,
  E non già di mia vita il van discorso,
  Che sotto l’ombre dell’error s’asconde.
  104I’ sono al vento fronde,
  Se non mi gira di lassù soccorso;
  Sua infinita bontà mettasi sopra;
  Delle sue man sono opra.
  108Morte, ministra della sua bontate,
  Lavi dall’alma ogni più fedo crine,
  Tu del celeste fine


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