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PIETRO BEMBO

Sonetti

149 i c. 1470-†1547

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A
DUNQUE m’hai tu pure in sul fiorire,

Morendo, senza te, Fratel, lasciato,
  Perchè il mio dianzi chiaro e lieto stato
  4Ora si volge in tenebre e martire?
  Gran giustizia era, e mio summo desire,
  Da me lo strale avesse incominciato,
  E come al venir qui son primo stato,
  8Ancora stato fossi al dipartire.
  Che non arei veduto il mio gran danno,
  Di me stesso sparir la miglior parte,
  11E sarei teco fuor di questo affanno!
  Or ch’io non ho potuto innanzi andarte,
  Piaccia al Signor, a cui non piace inganno,
  14Ch’io posso in breve e scarco seguitarte.


150 ii

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(Per la venuta di Carlo VIII di Francia)

O
PRIA sì cara al Ciel del mondo parte,

Che I’acqua cigne e ’l sasso orrido serra,
  O lieta sovra ogn’altra e dolce terra,
  4Che ’l superbo Appennin segna e diparte:
  Che giova omai se ’l buon popol di Marte
  Ti lasciò del mar donna e della terra?
  Le genti a te già serve or ti fan guerra
  8E pongon man nelle tue trecce sparte.
  Lasso! nè manca de’ tuoi figli ancora
  Chi, le più strane a te chiamando, insieme
  11La spada sua nel tuo bel corpo adopre.
  Or son queste simili a l’antich’opre?
  O pur così pietate e Dio s’onora?
  14Ahi secol duro, ahi tralignato seme!


O   2 211

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