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LODOVICO ARIOSTO

  S’amor non può, dunque pietà ti pieghi
  30D’inchinar il bel guardo ai giusti preghi.
  Io sono, io son ben dessa. Or vedi come
  M’ha cangiato il dolor fiero ed atroce,
  Che a fatica la voce
  Può di me dar la conoscenza vera!
  35Lassa! ch’al tuo partir partì veloce
  Dalle guance, dagli occhi e dalle chiome,
  Questa a cui davi nome
  Tu di beltade, ed io ne andava altera,
  Chè mel credéa, poichè in tal pregio t’era.
  40Ch’ella da me partisse allora, ed anco
  Non tornasse mai più, non mi dà noja;
  Poichè tu, a cui sol gioia
  Di lei dar intendéa, mi vieni manco.
  Non voglio, no, s’anch’io non vengo dove
  45Tu sei, che questo od altro ben mi giove.
  Come possibil è, quando sovvièmme
  Del bel guardo soave ad ora ad ora,
  Che spento ha si breve ora,
  Ond’è quel dolce e lieto riso estinto,
  50Che mille volte non sia morta o môra?
  Perchè, pensando all’ostro ed alle gemme
  Ch’avara tomba tiêmme,
  Di ch’era il viso angelico distinto,
  Non scoppia il duro cor dal dolor vinto?
  55Com’è ch’io viva, quando mi rimembra
  Ch’empio sepolcro e invidiosa polve
  Contamina e dissolve
  Le delicate alabastrine membra?
  Dura condizïon, chè morte, e peggio
  60Patir di morte, e insieme viver deggio!
  Io sperai ben di questo carcer tetro

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