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ANNIBAL CARO

192 Canzone
1507-†1566

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V
ENITE a l’ombra de’ gran gigli d’oro,

Care muse, devote a’ miei giacinti;
  E d’ambo insieme avvinti
  Tessiam ghirlande a’ nostri idoli, e fregi.
  5E tu, signor, ch’io per mio sole adoro,
  Perchè non sian da l’altro sole estinti,
  Del tuo nome dipinti
  Gli sacra, ond’io lor porga eterni pregi,
  Chè por degna corona a tanti regi
  10Per me non oso; e indarno altri m’invita
  Se l’ardire e l’aita
  Non vien da te. Tu sol m’apri e dispensi
  Parnaso; e tu mi desta, e tu mi avviva
  Lo stil, la lingua e i sensi
  15Sì ch’altamente ne ragioni e scriva.
  Giace, quasi gran conca infra due mari
  E due monti famosi, Alpe e Pirene,
  Parte de le più amene
  D’Europa, e di quant’anco il sol circonda;
  20Di tesori e di popoli e d’altari
  Ch’al nostro vero nume erge e mantiene,
  Di prezïose vene,
  D’arti e d’armi e d’amor madre feconda:
  Novella Berecinzia, a cui gioconda
  25Cede l’altra il suo carro e i suoi leoni;
  E sol par che incoroni

250

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