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CELIO MAGNO

  Lasso me, che quest’alma e dolce luce,
  Questo bel ciel, quest’acre onde respiro,
  Lasciar convegno; e miro
  Fornito il corso di mia vita omai.
  20E l’esalar d’un sol breve respiro
  A’ languid’occhi eterna notte adduce:
  Nè per lor mai più luce
  Febo, o scopre per lor più Cintia i rai.
  E tu lingua, e tu cor, ch’i vostri lai
  25Spargete or meco in dolorose note,
  E voi, piè giunti a’ vostri ultimi passi,
  Non pur di spirto cassi
  Sarete, e membra d’ogni senso vote;
  Ma dentro a la funesta, oscura fossa
  30Cangiate in massa vil di polve e d’ossa.
  O di nostre fatiche empio riposo,
  E d’ogni uman sudor mèta infelice,
  Da cui torcer non lice
  Pur orma, nè sperar pietade alcuna!
  35Che val, per ch’altri sia chiaro e felice
  Di gloria d’avi, o d’oro in area ascoso,
  E d’ogni don gioioso
  Che natura può dar larga, e fortuna,
  Se tutto è falso ben sotto la luna,
  40E la vita sparisce a lampo eguale
  Che subito dal cielo esca e s’asconda,
  E, s’ove è più gioconda,
  Più acerbo scocca Morte il crudo strale?
  Pur ier misero io nacqui, et oggi il crine
  45Di neve ho sparso, e già son giunto al fine.
  Nè per sì corta via vestigio impressi
  Senz’aver di mia sorte onde lagnarme:
  Chè da l’empia assaltarme


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