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CELIO MAGNO

  Così a l’ardente fede
  Pari ingegno e valor fosse concesso,
  O pria sì degno peso a me commesso,
  85Che saldo almen sarebbe in qualche parte
  L’infinito dover che l’alma preme.
  Quinci in quest’ore estreme
  Ella con maggior duol da me si parte,
  Ch’ove a l’obbligo scior la patria invita
  90Non pon mille bastar, non ch’una vita.
  Dunque, s’ora il mio fil tronca la dura
  Parca, quanti ho de’ miei più cari e fidi,
  Amor cortese guidi
  Al marmo, in ch’io sarò tosto sepolto:
  95E la pietà, ch’in lor mai sempre vidi,
  Qualche lagrima doni a mia sventura.
  E, se pur di me cura
  Ebbe mai Febo, anch’ei con mesto volto
  Degni mostrarsi ad onorar rivolto
  100Un fedel servo, onde rea morte il priva.
  Prestin le Muse ancor benigno e pio
  Officio al cener mio:
  E su la tomba il mio nome si scriva,
  Accio, se ’l tacerà, d’altro onor casso,
  105La fama, almen ne parli il muto sasso.
  Andresti e tu, più ch’altri afflitto e smorto,
  A versar sovra me tuo pianto amaro,
  Mio germe unico e caro,
  S’in tua tenera età capisse il duolo.
  110Ahi che simile al mio destino avaro
  Provi: ch’a pena anch’io nel monde scôrto,
  Piansi infelice il morto
  Mio genitor, restando orbato e solo.
  Misero crede, a cui sol largo stuolo


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