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TORQUATO TASSO

  Ohimè! dal dì che pria
  Trassi l’aure vitali, e i lumi apersi
  In questa luce a me non mai serena,
  Fui de l’ingiusta e ria
  25Trastullo e segno, e di sua man soffersi
  Piaghe che lunga età risalda appena.
  Sàssel la glorïosa alma sirena,
  Appresso il cui sepolcro ebbi la cuna:
  Così avuto v’avessi o tomba o fossa
  30A la prima percossa!
  Me dal sen de la madre empia fortuna
  Pargoletto divelse. Ah! di quel baci,
  Ch’ella bagnò di lagrime dolenti,
  Con sospir mi rimembra e de gli ardenti
  35Preghi che se ’n portâr l’aure fugaci:
  Ch’io giunger non dovea più volto a volto
  Fra quelle braccia accolto
  Con nodi così stretti e sì tenaci.
  Lasso! e seguii con mal sicure piante,
  40Qual Ascanio o Camilla, il padre errante.
  In aspro esiglio e ’n dura
  Povertà crebbi in quel sì mesti errori;
  Intempestivo senso ebbi a gli affanni,
  Ch’anzi stagion matura,
  45L’acerbità de’ casi e de’ dolori
  In me rendè l’acerbità de gli anni.
  L’egra spogliata sua vecchiezza e i danni
  Narrerò tutti? Or che non sono io tanto
  Ricco de’ proprj guaj, che basti solo
  50Per materia di duolo?
  Dunque altri ch’io da me dev’esser pianto?
  Già scarsi al mio voler sono i sospiri;
  E queste due d’umor sì larghe vene


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