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VINCENZO MONTI

  E al sonito dell’armi, al fiero canto
  De’ fianchi mirmidóni e delle trombe,
  Susurrando vendetta alzan la testa.
  E voi l’avrete, e presta,
  30Magnanim’ombre. L’itala fortuna
  Egra è sì, ma non spenta. Empio sovrasta
  Il fato, e danni e tradimenti aduna:
  Ma contra il fato è Bonaparte; e basta.
  Prometeo nuovo ei venne, e nell’altera
  35Giovinetta virago cisalpina
  L’etereo fuoco infuse, anzi il suo spirto.
  Ed ella già calata ha la visiera;
  E il ferro trae, gittando la vagina,
  Desïosa di lauro e non di mirto.
  40Bieco la guata ed irto
  Più d’un nemico; ma costei nol cura.
  Lasciate di sua morte, o re, la speme:
  Disperata virtù la fa secura,
  Nè vincer puossi chi morir non teme.
  45Se vero io parlo, Crèmera vel dica,
  E di Coclite il ponte, e quel di Serse,
  E i trecento con Pluto a cenar spinti.
  E noi lombardi petti, e noi nutrica
  Il valor che alle donne etrusche e perse
  50Plorar fe’ l’ombre de’ mariti estinti.
  Morti sì, ma non vinti,
  Ma liberi cadremo, e armati, e tutti:
  ‘ Arme, arme ’ fremeran le sepolte ossa,
  ‘ Arme ’ i figli, le spose, i monti, i flutti;
  55E voi cadrete, o troni, a quella scossa.
  Cadrete; ed alzerà Natura al fine
  Quel dolce grido che nel cor si sente,
  Tutti abbracciando con amplesso eguale;

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