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VINCENZO MONTI

  Oh come fia che ignobile
  Allor vi sembri e mesta
  La bella età di Pericle
  188Al paragon di questa!
  Eppur d’Atene i portici,
  I templi e l’ardue mura
  Non mai più belli apparvero
  192Che quando io l’ebbi in cura.
  Per me nitenti e morbidi
  Sotto la man de’ fabri
  Volto e vigor prendevano
  196I massi informi e scabri;
  Ubbidïente e docile
  Il bronzo ricevea
  I capei crespi e tremoli
  200Di qualche ninfa o dea.
  Al cenno mio le Parie
  Montagne i fianchi apriro,
  E dalle rotte viscere
  204Le gran colonne usciro.
  Si lamentaro i Tessali
  Alpestri gioghi anch’essi,
  Impoveriti e vedovi
  208Di pini e di cipressi.
  II fragor dell’incudini,
  De’ carri il cigolío,
  De’ marmi offesi il gemere
  212Per tutto allor s’udío.
  Il cielo arrise: Industria
  Corse le vie d’Atene,
  E n’ebbe Sparta invidia
  216Dalle propinque arene.

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