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GIACOMO LEOPARDI

313 L’Infinito

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S
EMPRE caro mi fu quest’ermo colle,

E questa siepe, che da tanta parte
  Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
  Ma sedendo e mirando, interminati
  5Spazi di là da quella, e sovrumani
  Silenzi, e profondissima quiete
  Io nel pensier mi fingo; ove per poco
  Il cor non si spaura. E come il vento
  Odo stormir tra queste piante, io quello
  10Infinito silenzio a questa voce
  Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
  E le morte stagioni, e la presente
  E viva, e il suon di lei. Così tra questa
  Immensità s’annega il pensier mio:
  15E il naufragar m’è dolce in questo mare.


314 Le Ricordanze

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V
AGHE stelle dell’Orsa, io non credea

Tornare ancor per uso a contemplarvi
  Sul paterno giardino scintillanti,
  E ragionar con voi dalle finestre
  5Di questo albergo ove abitai fanciullo,
  E delle gioie mie vidi la fine.
  Quante immagini un tempo, e quante fole
  Creommi nel pensier l’aspetto vostro
  E delle luci a voi compagne! allora
  10Che, tacito, seduto in verde zolla,
  Delle sere io solea passar gran parte
  Mirando il cielo, ed ascoltando il canto

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