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GIACOMO LEOPARDI

  Avrà fors’altri; a me la vita è male.
  105O greggia mia che posi, oh te beata,
  Che la miseria tua, credo, non sai!
  Quanta invidia ti porto!
  Non sol perchè d’affanno
  Quasi libera vai;
  110Ch’ogni stento, ogni danno,
  Ogni estremo timor subito scordi;
  Ma più perchè giammai tedio non provi.
  Quando tu siedi all’ombra, sovra l’erbe,
  Tu se’ queta e contenta;
  115E gran parte dell’anno
  Senza noia consumi in quello stato.
  Ed io pur seggio sovra l’erbe, all’ombra.
  E un fastidio m’ingombra
  La mente; ed uno spron quasi mi punge
  120Sì che, sedendo, più che mai son lunge
  Da trovar pace o loco.
  E pur nulla non bramo,
  E non ho fino a qui cagion di pianto.
  Quel che tu goda o quanto,
  125Non so già dir; ma fortunata sei.
  Ed io godo ancor poco,
  O greggia mia, nè di ciò sol mi lagno.
  Se tu parlar sapessi, io chiederei:
  Dimmi: perchè giacendo
  130A bell’agio, ozioso,
  S’appaga ogni animale;
  Me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale?
  Forse s’avess’io l’ale
  Da volar sulle nubi,
  135E noverar le stelle ad una ad una,
  O come il tuono errar di giogo in giogo,

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