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fanciulla un dì portata
- Fra sue braccia, tu miri, e gli perdoni.
- ARRIGO
- E non pensi che il vescovo implacato
- Era di Moro l’anima? l’impulso
- A biasimar le mie leggi? a rimanersi
- Nel culto ch’io riprovo?
- ANNA
- Ah! la sentenza,
- Te ne scongiuro, non soscriver. M’odi.
- Neri presagi mi funestan; mai
- Così atterrito il cor non ebbi. Un fine
- Abbiano tanti eccidii. Al regno tuo
- Vuoi tu fermezza dar? Moro costringi
- A benedirti ancor, traggilo a forza
- Fra i difensori tuoi. Digli che grazia
- Al suo amico tu fai, dannato a morte,
- Purch’ei gl’imposti giuri omai ti presti.
- ARRIGO
- Inutil prova! E pur.....
- ANNA
- Sol questa volta
- Deh, segui il mio consiglio. Oh, se sapessi
- Come l’universale abborrimento
- M’avvelena ogni gioja! E quando mesta
- Anna tu vedi e il suo dolor ti crucia,
- Sappi, o sir, che invincibile una forza
- V’è nell’anima sua che la tormenta,
- Dicendole: «Infelice! odiata sei,
- Odiata dei da’ popoli!» - Oh quant’io
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