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alludere alle circostanze che ci riunivano, dovetti pur finire per sederle accanto. Fin allora non ci eravamo scambiate che le parole necessarie:
— Volete appoggiarvi?
— No, grazie.
— Avete freddo?
— Un poco. ecc. ecc.
Ma non avevo cessato di contemplarla. Avevo profittato del suo tener gli occhi bassi, per carezzare il suo volto e tutta la sua persona bella, col mio sguardo innamorato. Quel costume corto ed attillato le dava l'aria d'una giovinetta. La sua confusione, l'emozione che si tradiva in tutti i suoi atti, nel tremito delle mani, nella voce oscillante e velata, la rendevano attraente.
Mi pareva di conoscerla meno; trovavo qualche cosa di misterioso in lei; aveva ripresa tutta la sua timidezza di fanciulla; ed io mi facevo l'illusione che fosse realmente la mia sposa, e che cominciassimo il nostro viaggio di nozze.
Le presi una mano, e la strinsi nelle mie, mettendo in quella stretta tutta l'effusione del mio amore e della mia gratitudine. Ma la manina inguantata rimase passiva, ed appena potè farlo senza violenza, fuggì dalle mie che la tenevano imprigionata.
— Oh Eva - le dissi, - dopo tanto tempo e tante ansietà, non volete neppure che vi stringa la mano? Siamo qui soli.
— Avevate bisogno d'essere solo con me, per ricordarvi di stringermi la mano? - mi rispose; e la sua voce era commossa.
— Perchè mi dite questo? - domandai. - Vi ho fatto qualche dispiacere?