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— Non è vero! - l'interruppe il padre.

— Sì, è vero. Lo so, - insistè la figlia. -È vedovo, è vecchio, ha cinque figlioli; ha una ragazza maggiore di me; ma non importa; lo sposerò per non farle più fare la spesa di mantenermi.

— Ed io ti dico di no, che non lo sposerai. Il medico vuole la dote, ed io non posso dartela, capisci? Le tue sorelle hanno avuto cinquemila lire; non posso fare un'ingiustizia per favorir te, che sei la più disobbediente, la più ostinata. Se andrai in convento, avrai quello che ho dato alle altre; altrimenti nulla. Pensaci. Tuo fratello arriva alla fine del mese e debbo dargli la tua camera ed il tuo letto; prima d'allora devi aver preso una risoluzione.

La scena continuò animata. La povera Mercede propose di cercare un posto di governante in qualche buona famiglia: ma il padre non volle sentirne parlare; disse che sono situazioni precarie; che da un giorno all'altro avrebbero potuto metterla sul lastrico, e sarebbe toccato a lui di ripigliarsela. E poi non voleva che s'avesse a dire che mandava la sua figlia a servire. La Mercede doveva prendere una risoluzione definitiva e decorosa; e per questo non c'era altra via che il convento.

— Quella non la prenderò mai! - disse la Mercede energicamente; poi si alzò ed uscì dalla cucina al buio.

Quella scena mi fece un'impressione penosa. Vedere una fanciulla condannata a passare gli anni più belli della gioventù in quelle lotte ignobili, senza un piacere, senza un affetto, senza una speranza, nè un'idealità che la innalzasse sopra il terra terra

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