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un paralitico; gli avevano ridotto il suo titolo in diminutivo, perchè era anche nano e contorto.
Assolutamente non c'era mezzo di esercitare la mia missione. Le ragazze erano brutte, i padroni paralitici e decrepiti, i cocchieri prudenti e bene intenzionati; tutto precedeva liscio; tout pour le mieux dans le meilleur des mondes. Il patronato era una sinecura.
Domandai a quella ragazza se non ci fossero altre orfane a servire nella mia parrocchia.
A servire no: ma ce n'era una che lavorava da una stiratrice nelle soffitte della mia stessa casa, nel primo cortile dove abbiamo le guardarobe, e le camere della servitù. Ne parlai alla Gigia.
— Ah la Mariettina, mi disse. È la Checca della contrada. Sta fin sul tetto; eppure tutti i giovinotti che passano, s'appoggiano al muro per non cadere indietro, ma non vanno via se non l'hanno veduta.
La mandai a chiamare. Mi rispose che non aveva bisogno di nulla. Che quando fosse a spasso lo sapeva anche lei che c'era un Patronato, e che era obbligato a mantenerla.
Poco dopo la Gigia venne a dirmi che il giovane del negozio che faceva lavorare la stiratrice, chiamava la Mariettina dal cortile.
Andai in guardaroba per vederla.
— I solini di quel signore di ieri. urlava il ragazzo. C'è gran premura.
— Se hai premura corri rispondeva la Mariettina senza scomporsi, - È là che li aspetta.
— Può aspettare un pezzo. Non sono neppure rinsaldati.