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atto quinto. — sc. i. 199

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Città, ove il parricidio alto passeggia;
E sterminio e del cielo ira annunciava!
Alfine, ecco, d’Iginia la sentenza
Recasi: delirante ode, ma ignora
Ciò che’ ella udì; tranquilla gioia è in lei.
Ma a tal colpo Roberta un grido manda,
A’ piè d’Iginia cade.... era spirata!
Oh qual la giovinetta orfana allora
Divenne! Oh come si gettò sul corpo
Amato! Oh come il fatal dono a lungo
Le tornò di ragion! Come piangendo,
Pur dicea fortunata, e invidiava
L’estinta, che al patibolo sottratta
Dal ciel’venia!... — Resister più non seppi:
Mi scoppiò il cor: fuggii. No, l’altre morti
Veder non vo’.... lacrimar vo’, e i tiranni
Maledire, e stancar co’ preghi il cielo,
Perchè i fulmini suoi scagli una volta
Sui ghibellini!
Il secondo.                              Che dicesti?
Il primo.                                                  Ardita
Parola, il so, che reo fa di supplizi:
Ma frenarla non posso: i ghibellini
Son tiranni esecrandi.
Il secondo.                                        Amico.... ah un altro
Compagno dunque io trovo.... Hai tu coraggio?
Il primo.Qual dimanda! Oh potessi!
Il secondo.                                             Io non m’appago
Di maledire e piangere. — Due ancora
Dardi ho con me, prendi; mi segui.
Il primo.                                                            Dove?
Il secondo.Perchè tardasse la sentenza a Iginia,
Il sai?
Il primo.          No.
Il secondo.                    Giano l’apportava: io ’l vidi
Immerso là nel sangue suo....
Il primo.                                                  Chi?
Il secondo.                                                            Giano.

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