Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
244 | gismonda da mendrisio |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:249|3|0]]
SCENA VII.
IL MARGRAVO E DETTI.
Margrav.Onore al Conte di Mendrisio e al prode
Suo figlio Ermano e a queste donne. — O Conte,
Del nostro augusto imperador t’è ignoto
Esser divieto il dar ricovro o passo
A ribellanti? Chi al tuo fianco innalza
Baldanzosa la fronte? Ei tal nemico
Fu, che nè a voi perdoneria il monarca,
Nè a me il lasciarlo: prigionier vel chieggo.
Ariberto.Che?
Il Conte. Margravio d’Auburgo, errasti. Io, passo
Non concedo o ricovro a ribellante:
Questi del Conte di Mendrisio è figlio.
Margrav.Che intendi?
Il Conte. Figlio ei più non m’era allora
Che contra il signor mio rotava il brando.
Inerme or vien, d’obbedïenza e pace
Ed onor desïoso; egli è mio figlio.
Margrav.Bada....
Il Conte. Ragion dell’oprar mio al regnante
Renderò piena.
Margrav. Qual potere io m’abbia
Pur su’lombardi feudatari — leggi —
Tel dirà questa carta.
Il Conte. Ho letto. Augusto
Per molti casi ampio poter ti dava,
Ma in altro tempo. E il caso io qui non veggo
In cui ricetto chiegga a padre un figlio,
Un figlio inerme al dover suo tornato.
Ospizio or t’offro; al signor nostro poscia
Reca le mie parole: io a lui mi rendo
Mallevador per Ariberto.
Margrav. Duolmi
Che tua proposta rigettar m’è forza.