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248 | gismonda da mendrisio |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:253|3|0]]
Gismonda. Un tradimento,
Ermano, tu?
Ermano. Che parli? È tradimento
A Cesare servir? da obbrobrïoso
Fáscino il padre liberar? mondarci
Della più turpe della macchie, sciolto
Ogni legame fra un ribelle e noi
Manifestando? Il voto tuo più ardente
Non era qnesto?
Gismonda. Egli era.... Oh! ma del padre
Qual fia lo sdegno contro a te! Vederti
Vorrà più mai nel tetto suo, nel tetto
Che a’nemici schiudevi?
Ermano. Altro signore
Del castel fuorché Erman più non conosce
Il Margravio. Investito io dal monarca
Ne sarò certo. — Non turbarti, o donna:
Tempo è alfin d’esultar: quella vendetta
Che pe’tuoi cari, che per te si a lungo
Hai sospirata, oggi si compie.
Gismonda. Arresta.
Vendetta anelo, ma opportuna, e tale
Onde disdoro a te non torni. Ahi, questa
Può dello stesso imperador, di tutti
Suoi baroni alla mente apparir vile,
E pria fruttarti spregio, indi rovina.
Del suo dominio spodestare un padre!
Ermano.Se a spodestarnel tarderò, del padre
Schiavi non sarem più, ma d’Ariberto.
Primogenito egli è: guai se il canuto
Morisse, e qui più sire io non sedessi
Gismonda.Deh, ascòltami! invincibile m’assale
Un turbamento.... Cessa: agli stranieri
Un genitor non vendere, un fratello!
Opra è sì rea, che prosperar non puote!
Ermano.Da te plauso sperai. Stupor mi reca
Questo mutarti. Appien qual sia d’Augusto
L’animo so; fallir non può l’impresa.