Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
atto primo.—sc. ii. | 273 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:278|3|0]]
Terre udii tal novella, che formarne
Dubbio non oso,... o d’accertarmen tremo.
Guidello.Che?
Leoniero. Tu mel chiedi? E qual delle lombarde
Città, quando Dertona al suol fu rasa,
Braccia mandò e tesori a rialzarla?
Non sallo Italia? Fu Milan, la pia
E gagliarda Milan. Chi più fedele
Esser doveale di Dertona?
Guidello. Ah, dunque
Tu sai....
Leoniero. Che ingratamente abbandonata
È la città materna; e alla nemica
Repubblica Pavese, e agli stranieri,
Che da nostra perfidia or traggon lucro,
Oggetti siam di spregio.
Guidello. Altro intendesti?
Leoniero.Prosegui.
Guidello. Sai chi all’avversario i brandi
Nostri promette?— Leonier, tu fremi;
Tu ascondi il viso. — Ah, nulla ignori!
Leoniero. Vero,
Vero è dunque? Mio figlio? Oh narra! Ei cinge
L’annuo consolar ferro, e da quattr’anni
Deporlo niega; e tinto ora di sangue
Cittadino è quel ferro. — Ma tu taci,
E affermi.
Guidello. Vieni entro mie stanze.
Leoniero. Al figlio
Parlar vo’ pria. Se indegno ei mostrerassi
Di dare ospizio al genitore, ospizio
Accetterò da te. Per trar secreta
Del tristo ver contezza, ignoto entrai
Nella città. Da niun, che da te, meglio
Posso le colpe di colui con luce
Non fallevol saper.
Guidello. Misero padre!
Breve ti parlo. Anzi al tuo arrivo, io speme