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274 | leoniero da dertona. |
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Nulla serbava che l'estrema: guerra
Civil. Ma più felice ora il futuro
Splendemi. Dall’abisso Enzo ritrarre
Zel paterno potrà.
Leoniero. Tant’ oltre mosse?
Ei che sì generoso animo, quando
Giovinetto lasciavami, mostrava!
Ah, non è dubbio! il traviò l’iniqua
Stirpe nemica a me mortal, gli Auberti
Che a turpe macchia il seducean.
Guidello. T'inganni.
Leoniero.Vincol di sangue Enzo con lor non strinse?
La figlia mia! di Leonier la figlia
Sposa al figliuol d'Auberto!
Guidello.Ah, mal conosci
L’intemerato genero! Egli solo
Argine da gran tempo è all’impudenza
Di chi ne opprime. E Auberto stesso, troppo
Abborrito da te, posto ha cogli anni
Giù la ferocia, e no il cavalleresco
Di patria amor che in ogni età infiammollo.
A lor temuta stirpe Enzo s'unía,
Sedur quelle gagliarde alme sperando.
Fallò il suo intento. Appena l’anno ei chiuse
Del consolar suo ufficio, e il sommo acciaro
Volle serbar; levossi Arrigo, e sforzi
Oprò ad infranger la congiura ordita
Fra il vil senato e il console. Disdisse
Ad Enzo l'amistà: tribun fu scelto
Dal popolo e custode della rocca
Ovo dal cenno suo pendon le insegne
Della città. Ma che mai son le insegne
Co’ nostri pochi cento, appo le squadre
De’ masnadieri, che dappria con arte,
Quasi contro agli Svevi, Enzo adunava?
Intrepida la voce è del tribuno,
Ma numerosa turba ama il fellone
Che i ricchi spoglia e prodigo sovr' essa