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atto secondo.—sc. iv, v. 291

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Suoi cittadini con basse arti uom possa.
Sola virtù, virtù raccende! Chiuso
È al linguaggio del vil, che i giorni ha compri
Colla viltà, d’ognuno il cor; ma al core
Parlan d’ognun de’ generosi l’ossa.
Eloisa.L’obbrobrio tuo non vo’; ma obbrobrio è forse
Il sedar gli odj? il ceder, quanda nullo
E funesto è il resistere? Ah, de’ beni
Il primiero è la pace. E tu rammenta
Che così rompe a vïolenza il freno
Enzo sol dacchè il popolo a’ tumulti
Vede proclive; ed opra è tua. Se cessi
Di civil guerra in lui la tema, e pegno
N’abbia il castel (solenne fede innanzi
Al popolo ten dava), ei dello Svevo
Rigetta i patti. Ah! il popol desioso
D’interna pace da te pende. Ei tutto
Pria che te perder....
Arrigo.                                        Che m’accenni?
Eloisa.                                                            Oh Arrigo!
Arrigo.S’esemplo io doni di viltà, nel fango
Si prostran tutti? E a ciò tu plaudi?
Eloisa.                                                       Ah vivi!
Arrigo.Sorella d’Enzo!
Eloisa.                                   Ahi voce!


SCENA V.

ENZO e detti.

Enzo.                                                  Enzo t’ascolta.
Ti consigliasti?
Arrigo.                                   Coll’onor.
Enzo.                                                  Sei padre.
Arrigo.Son cittadin.
Enzo.                              Miei patti accetti?
Arrigo.                                                  Infami
Son.
Enzo.          Non gli accetti?

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