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atto terzo.—sc. ii. | 299 |
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Risposto avresti.
Berengar. Adelaide amo!
Ubaldo. E Auberto
Il figlio suo non ama? Immensamente
L’ama, eppure il sacrifica. E noi, mentre
Del padre tuo e del mio tutti i compagni
Eroi son, traditori sarem noi?
Deh, pur dianzi ti vidi al giuramento
Dal vecchio Auberto imposto, arder di santo
Entusiasmo. L’occhio tuo parea.
Dire: «Anch’io son magnanimo, anch’io pongo
Sovra ogni affetto la virtù!»
Berengar. Me, Ubaldo,
Possentemente, è ver, me commovea
L’alta ferocia di quel buon vegliardo.
Così il mio estinto genitor parlato
Ah! certo, avria.
Ubaldo.Quel santo entusïasmo
Vidi; e fermai l’animo mio d’aprirti,
Di racquistar tua piena stima. In prodi
Cavalieri allignar pon basse voglie,
Ma non a lungo. Uopo d’alterna stima
Hanno anzi tutto, e della propria.
Berengar. Io pure
Scorgo in Enzo un tiranno; ma la destra
Gli demmo, e il tradirem?
Ubaldo. No: sol chi inganna
Tradisce, nè ingannarlo io ti propongo.
Io nobilmente l’amistà disdirgli
Voglio.
Berengar. Che? fermo hai dunque!...
Ubaldo. Sì! campione
È della patria e della Chiesa Arrigo:
D’altre cause campion non sarà Ubaldo!
Berengar.Nè Berengario!
Ubaldo. Oh gioia!
Berengar. Oh mia Adelaide!
D’un vil la man, no, non avrai; più degna