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atto terzo.— sc. I, II. | 349 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:354|3|0]]
Raccapricciai. Fiacca, oimè, sono!— Or sola
Eccomi dunque fra stranieri: avverso
Il re nel cor, benchè in parole umano:
Maligni i cortigiani, incerti ancora
Se sorrider mi deggiano o spregiarmi,
Se adorarmi od uccidermi;... egualmente
A questo pronti e a quello. — Oh padre! ed io
Da te fuggii?... Ma anzi ogni cosa a' giusti
Esser giusti rileva. E ch’è il successo,
Sovra la terra? E s’anco falla, un altro
Successo fallar puote oltre la terra? —
A questa volta alcuno.... esso!
SCENA II.
ERODE e detta.
Erode. Regina,
So che tenere al fianco tuo volevi
Del Giordano il profeta, e ch’a te acerbo
Parve il mio niego: la ragion ten reco.
Traditor nol cred’io, ma astuto e conscio
Del favor della plebe, e d’involarsi
Dalle mie mani impazïente. Or chiuso
Serbarlo è forza, ed impedir le trame
De’ discepoli suoi. S’egli apparisse
Del volgo agli occhi, acclamerianlo rege.
Sefora.Commesso a me non è regnar, nè dritto
Ho di biasmarti, ignara io dello stato.
Ben prego il ciel che illumini la mente
Del mio re, del mio sposo, e questi giorni
Di vïolenza cessino, ed il santo
Aura di carcer respirar non debba.
Erode.Sefora, ogni tuo detto è verecondia
E riverenza e amor: grato ten sono.
Vedrai ch’io pur giustizia e pace anelo.
Se eventi ineluttabili scostato
I nostri cuori avean, più fausti eventi