< Pagina:Tragedie (Pellico).djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
350 erodiade.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:355|3|0]]

Li ricongiungon; ricongiunti a lungo —
Per sempre — li desio.
Sefora.                                        Sposo, al Signore
Chiederò sovra tutto il dolce dono
Di confortare i giorni tuoi, di mai
Non ispiacerti, e d’esserti soave
Consigliatrice di laudevoli atti
E d’impero benefico; ma scevra
Di quell’orgoglio che un dì forse io m’ebbi,
E che odïosa a te faceami.— Ah, orgoglio
Non sarà, no, se attenterommi, o Erode,
D’invocar tua clemenza!— ed or la invoco
Per que’ tumultuanti, onde le grida
Ribellïon s’appellano. Oh! se miti
Sul popol suo del re si volvon gli occhi,
Chi potrà non amarlo?— Obliar deggio
Di cui son figlia, e rammentarti, o Erode,
Che degli Arabi il re fama ha di pio,
E sovra il soglio tuo vederlo assiso
Più d’un vorrebbe in Galilea? Distrutta
La fazïon che qui per lui parteggia
Andar non può colle mannaje: è d’uopo
Rapirgli i cuori, attrargli a te, non meno
Pio di lui palesarti. Ah! questi umili
Detti della tua Sefora in te volgi.
Amor li ispira, caldo amor!
Erode.                                                  Regina!
Sincera ti tengh’io, benchè maligno
Suoni pur grido che di te sospetta.
Qui dall’arabo re per fraude alcuni
Inviata t’estimano, a sostegno
Di non so quali del profeta intenti;
De’ ribelli a sostegno.
Sefora.                                        Oh audacia! oh nera
Impudente calunnia!

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.