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atto secondo. — sc. IV. 399

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SCENA IV.

MORO, MARGHERITA.

Margher.Scellerato! — O buon padre, ah! tu con novi
Dispregi forse lo irritasti! Il mio
Dubbio tu affermi. Ah soffri ch’io ten volga
Amorevol rampogna! E come mai
Umil tu sempre con ogn’altro!...
Moro.                                                        Umile
Esser con tutti bramerei; ma forza
Maggior di me m’imbaldanzisce in faccia
A’ manifesti ipocriti; un dovere
Sembrami allor dell’innocente oppresso
Non piegar la cervice innanzi a loro,
Lor fiducia atterrar col vilipendio,
Reliquia forse di superbia è questa:
Me la perdoni il Ciel. Ma il Ciel discerne
Ch’io que’ medesmi ipocriti, que’ bassi
D’Arrigo adulatori, a cui rinfaccio
I lor delitti, nel mio cor compiango,
E prego il Ciel che ridivengan giusti.
Margher.Amato genitor, fatto di tante
Virtudi specchio agli uomini ti sei;
Quest’una non ti manchi: i sensi tuoi
Più sovente dissimula a coloro
Che nocer vonno ed han fatal possanza.
Moro.I sensi miei dissimulai finora
Più che non credi, o figlia. Interrogato
Fui da più d’uno scrutatore astuto
Sulla supremazia ch’entro il britanno
Regno pretende nella chiesa Arrigo;
Interrogato fui sovra il divorzio,
Sovra leggi di sangue e di rapina.
Spesso risposi con ambagi; spesso
Parte velai de’ miei pensieri, e indugio
A più rifletter dimandai. Prudenza
Quell’infinger pareami e senza colpa,

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