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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:46|3|0]]L’irruzione de’ Saracini in Sicilia verso gli anni 825, o 830, è narrata in diversi modi dalle barbare cronache di que’ tempi. Tutte per altro ne incolpano un guerriero siciliano, o di greca origine, per nome Eufemio o Eutimio, il quale irritato contro i propri concittadini andò in Africa, si pose alla testa dei Saracini, e li condusse a Messina (altri dicono a Siracusa, ed altri a Catania). Cedreno racconta nei suoi Annali, che il violento amore d’Eufemio per una fanciulla che prese il velo, fu cagione delle persecuzioni da quel guerriero sofferte e della fuga di lui in Africa. L’anonimo salernitano parla in vece d’una giovane, ch’egli chiama Omoniza, la quale, dopo essere stata promessa sposa ad Eufemio, venne dal governatore greco destinata ad un altro. «Infuriato per tale affronto (dice il Muratori, seguendo questo storico), Eufemio co’ suoi famigli s’imbarcò, e, passato in Africa, tante speranze diede a quel re maomettano della conquista della Sicilia, che in fatto condusse que’ barbari colà, ed aprì loro la strada ad impadronirsene interamente nello spazio di pochi anni; avvenimento che recò lunghi ed incredibili disastri all’Italia.» — Secondo questa cronaca, la fanciulla amata da Eufemio non era monaca quand’egli s’accese per lei. Pare che non abbia voluto sposare altr’uomo, e siasi consacrata agli altari dopo la partenza del suo amante per l’Africa.
Che prima di soggiacere ai Saracini la Sicilia si fosse sottratta al dominio degli imperatori greci, non è chiaramente riportato dalla storia: ma Giovanni Diacono fa però qualche cenno d’una ribellione contro i Greci, avvenuta in quei tempi in Sicilia, sotto la condotta del valoroso Eutimio (lo stesso che Eufemio). Regnava allora in Costantinopoli l’imperatore Michele II.
All’epoca della irruzione de’ Saracini in Messina, il difensore de’ Siciliani era Teodoto, capo di tutta l’isola, o per proprio conto o a nome del trono greco. Esso Teodoto morì in battaglia. In questa Tragedia noi lo chiamiamo Teodoro, e lo qualifichiamo re di Sicilia.
L’oscurità e la diversità dei racconti autorizzano il poeta a scegliere tra i vari fatti quelli che più s’adattano al suo concepimento.