< Pagina:Tragedie (Pellico).djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
456 manfredo

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:461|3|0]]d’una rotolante spuma tempestosa, gelata in un momento, — immagine d’un vortice morto; e questa arduissima fantastica cima, avanzo d’un terremoto — dove le nubi passando si fermano per riposarsi — è sacra alle nostre tresche notturne e alle nostre vigilie; qui aspetto le mie sorelle sul cammino che ci conduce alla sala di Arimane. Questa notte è la nostra gran festa. — È strano che non vengano.

Una voce al di dentro canta. L’usurpatore prigioniero, precipitato dal trono, giace sepolto nel letargo, dimenticato e solo; io traversai i suoi sogni, scossi le sue catene, lo collegai colle schiere, — egli è tiranno ancora! Col sangue d’un milione d’uomini ei rispose alle mie cure, collo sterminio d’una nazione, — colla sua fuga e colla sua disperazione.

Seconda voce. La nave veleggiava, veleggiava rapida la nave, ma io non le lasciai una vela, non le lasciai un albero; non v’è una tavola della carena o del ponte: non v’è un meschino che si lamenti del suo naufragio; tolto uno, ch’io tenni per un capello mentre nuotava, degno in vero delle mie cure, un traditore su terra, e un pirata su mare, — ma lo salvai per procurarmi maggiori distruzioni.

La prima Parca risponde. La città è addormentata; sorgerà il mattino a deplorarla piangendo su di lei: torvamente, lentamente l’atra peste sovra lei sta sorvolando; migliaja d’uomini sono atterrati: — a decine di migliaja periranno: i vivi fuggiranno dagli infermi a cui dovrebbero lo loro cure; ma nulla può vincere il tocco dal quale saranno uccisi. Tormento è angoscia, morbo e terrore impigliano un’intera nazione, — i felici sono i morti che non vedono la loro desolazione. — Questa è l’opera d’una notte — lo sterminio d’un regno, l’effetto della mia azione; — per secoli ho lavorato, e proseguirò ancora. (Entrano la seconda e la terza Parca.)

Tutte tre. I cuori degli uomini stanno nelle nostre mani; le nostre pedate sono le loro tombe; non diamo che per riprenderli, gli spiriti dei nostri schiavi.

Prima Parca. Benvenute! — Dov’è Nemesi?

Seconda Parca. A qualche grand’opera; ma non so quale, poichè le mie mani son piene.

Terza Parca. Ecco, ella viene. (Entra Nemesi.)

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.