< Pagina:Tragedie (Pellico).djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
458 manfredo

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:463|3|0]]Nemesi. Re dei re! noi siamo tue, e tutto ciò che vive più o meno è nostro, e nostre son pure generalmente le cose inanimate; quando ci occorre di accrescere il nostro potere accrescendo il tuo, noi siamo vigili; — i tuoi ultimi comandi sono stati pienamente adempiti. (Entra Manfredo.)

Uno Spirito. Chi è qua? Un mortale! — Arditissimo e fatale scellerato, inchinati e adora!

Secondo Spirito. Conosco quest’uomo — un mago di gran potere e di terribile sapienza!

Terzo Spirito. Inchinati e adora, schiavo! — Che? non conosci il tuo e nostro sovrano? — Trema e obbedisci!

Tutti gli Spiriti. Prostra te e la tua condannata creta, o figlio della terra! o paventa tutto ciò che v’è di peggio.

Manfredo. So in che consiste; eppur vedete che non mi sono inchinato.

Quarto Spirito. T’insegneremo ad umiliarti.

Manfredo. L’ho già imparato; — molte notti sulla terra, sul nudo pavimento ho prostrata la mia faccia, e sparsa la mia testa di cenere; ho conosciuto l’estremo dell’umiliazione, perchè son caduto dinanzi alla mia vana disperazione e ho piegato le mie ginocchia dinanzi alla mia desolazione.

Quinto Spirito. Osi ricusare ad Arimane sul suo trono ciò che la terra intiera gli concede, senza guardarlo nel terrore della sua gloria. — Abbássati, dico!

Manfredo. S’inchini egli dinanzi a colui che è sopra di esso, l’onnireggente Infinito — il Fattore che lo creò non per essere adorato; — si prostri egli e ci prostreremo insieme.

Gli Spiriti. Schiaccia il verme! laceralo in pezzi!

Prima Parca. Olà, indietro! — egli m’appartiene. Principe dei poteri invisibili! Quest’uomo non è dell’ordine volgare, come ben lo dinotano qui il suo contegno e la sua presenza; i suoi patimenti sono stati d’una natura immortale, come i nostri medesimi; le cognizioni, i poteri e le volontà sue, per quanto è compatibile colla creta che ingombra l’essenza eterna, furono tali, che di rado ne portò di simili la creta; le sue aspirazioni furono superiori a quelle degli abitanti della terra, e gli insegnarono ciò che sappiamo noi — sapere che non è felicità, scienza che null’altro è fuorchè un

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.