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atto secondo.—sc. iv. 461

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:466|3|0]]Fantasma. Manfredo! Domani finiscono i tuoi mali terreni. Addio!

Manfredo. Ancora una parola — son io perdonato?

Fantasma. Addio!

Manfredo. Dimmi, c’incontreremo noi ancora?

Fantasma. Addio!

Manfredo. Una parola, per pietà! Dì che tu mi ami.

Fantasma. Manfredo! (Lo spirito d’Astarte sparisce.)

Nemesi. Ella è partita, e non sarà richiamata; le sue parole saranno adempiute. Ritorna alla terra.

Uno Spirito. Egli è convulso. Così avviene a chi è mortale e cerca le cose che sono oltre la mortalità.

Altro Spirito. Eppur, vedete, egli supera sè stesso, e rende il suo tormento soggetto alla sua volontà. Se fosse egli stato uno di noi, sarebbe stato un formidabile spirito.

Nemesi. Non hai altro a domandare al nostro gran sovrano o ai suoi adoratori?

Manfredo. Nulla.

Nemesi. Dunque, per qualche tempo, addio.

Manfredo. Ci rivedremo dunque! Dove? Sulla terra? Ma dovunque tu voglia, e per la grazia concedutami parlo riconoscente. Addio! (Esce.)



ATTO TERZO.

SCENA I.

Sala nel castello di Manfredo.

MANFREDO e HERMAN.

Manfredo. Quante ore sono?

Herman. Manca un’ora al tramonto del sole, e promette una bella aurora domani.

Manfredo. Dimmi, tutto è disposto nella torre come ordinai?

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