< Pagina:Tragedie (Pellico).djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

atto terzo.—sc. i. 463

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:468|3|0]]tuoi medesimi vassalli — i quali ti guardano con occhio inquieto. La tua vita è in pericolo.

Manfredo. Prendila.

Abate. Io vengo per salvare e non per distruggere.— Non vorrei frugare nei segreti dell’anima: ma se queste cose sono vere, vi è ancor tempo a penitenza e misericordia: riconciliati con la vera chiesa, e per mezzo della chiesa col cielo.

Manfredo. Io t’intendo. Ecco la mia risposta: qualunque io mi sia stato o mi sia, questo resterà fra il cielo e me. — Non isceglierò un mortale per essere mio mediatore. Ho io peccato contro i vostri precetti? prova e punisci.

Abate. Figlio mio! non parlai di castigo ma di penitenza e perdono; — a te ne rimane la scelta. — Circa l’ultimo, le nostre istituzioni e la nostra ferma fede mi hanno dato il potere di spianare il cammino dal peccato alla più alta speranza e ai migliori pensieri; circa la prima, l’abbandono al cielo. «La vendetta è di me solo!» disse il Signore, e con tutta l’umiltà il suo servo ripete la terribile parola.

Manfredo. Vecchio mortale! Non v’è potenza ne’ mortali santi, nè prodigio nella preghiera — nè espiazione di penitenza — nè guardo esteriore — nè digiuno — nè agonia — nè, maggiori di tutte le altre, le innate pene di quella profonda disperazione, che è il rimorso senza il timore dell’inferno, e che bastante in tutto a sè medesima, farebbe del cielo un inferno: — nulla può esorcizzare dall’anima illimitata il vivo senso dei suoi peccati, de’ suoi torti, del suo soffrire e della vendetta che è esercitata sopra di lei; non v’è, sopra l’uomo che da sè stesso è condannato, alcuna pena futura che possa uguagliar quella ch’egli infligge all’anima sua.

Abate. Tutto questo è ottimo, perchè un tal cordoglio passerà e sarà succeduto da una consolante speranza che guarderà con tranquilla fiducia quel benedetto soggiorno il quale ottengono tutti coloro che lo cercano, per quanti sieno stati i loro terrestri errori, purchè vengano espiati; e il principio dell’espiazione è il sentimonto della sua necessità. Parla — e tutto ciò che la nostra chiesa può insegnare, ti sarà insegnato; tutto ciò che possiamo assolvere, ti sarà perdonato.

Manfredo. Quando il sesto imperator di Roma fu presso

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.