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atto terzo.—sc. IV. 469

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie (Pellico).djvu{{padleft:474|3|0]]le fessure della rovina; da lungi il cane di guardia abbaiava oltre il Tevere; e più vicino dal palazzo dei Cesari veniva il lungo strido del gufo, e interrottamente l’analogo canto di distanti sentinelle cominciava e spirava sulla gentile aura. Alcuni cipressi al di là della breccia rósa dal tempo sembrava che orlassero l’orizzonte, eppure erano ad un tiro d’arco: — dove abitavano i Cesari, e abitano gl’inarmonici augelli della notte, fra un boschetto che sorge al disopra di diroccati merli, e avvolge le sue radici nei focolari imperiali, l’edera usurpa il luogo dove cresceva l’alloro; — ma il sanguinoso circo de’ gladiatori rimane, augusta ruina in orribile perfezione, mentre le stanze di Cesare e le sale d’Augusto strisciano sulla terra in indistinte macerie. — E tu lucevi, rotolante luna, su tutto questo, e gettavi un vasto e delicato lume che raddolciva la canuta austerità della ineguale desolazione; e riempiva, per così dire, i vuoti dei secoli, lasciando quel bello ch’era ancor tale, e creando quello che non vi era, a segno che il luogo diveniva sacro e il cuore si versava nella tacita adorazione dei grandi dell’antichità, di quei morti ma scettrati sovrani che ancora governano dalle loro urne i nostri spiriti.— Era una notte simile a questa! Come mai se ne ridesta ora in me la memoria? Ma ho trovato che i nostri pensieri prendono il loro volo più stravagante appunto quando dovrebbero maggiormente ordinarsi nel raccoglimento. (Entra l’Abate.)

Abate. Mio buon signore, chiedo grazia per la seconda volta; deh! il mio umile zelo non ti offenda per la sua inopportunità, — tutto ciò che v’è di male, ricada sopra di me; e il buono rifulga sul tuo capo — vorrei dir cuore. — Se potess’io toccarlo con parole o preghiere, io richiamerei un nobile spirito che ha errato; ma tutto non è ancora perduto.

Manfredo. Tu non mi conosci; i miei giorni sono numerati, e le mie azioni registrate; ritirati, o n’avrai danno. Parti!

Abate. Non intendi già di minacciarmi?

Manfredo. Non io; ti dico solamente che il pericolo è qui vicino, e vorrei preservartene.

Abate. Che vuoi dire?

Manfredo. Osserva! non vedi?

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