< Pagina:Tragedie di Eschilo (Romagnoli) I.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
278 ESCHILO

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie di Eschilo (Romagnoli) I.djvu{{padleft:317|3|0]]

il cuor di Giove: e adesso, in odio ad Era,
per infinito corso a forza è spinta.
io
Antistrofe
Com’è che il nome sai di mio padre?
Dimmelo, a questa meschina dillo.
Chi, sventurato, sei tu, che a questa
misera parli sí vere cose,
ed il celeste morbo hai nomato
che me tapina strugge, e m’incalza,
ahi, ahi! coi pungoli della demenza?
Ahimè, ahi!
Movendo, a sconci balzi, famelica,
spinta dal rabido furore d’Era,
impetuosa giunsi. Fra i miseri
chi v’è che soffra quello ch’io soffro?
Deh!, chiaro insegnami, tu, adesso, mostrami
che cosa debbo patire ancora.
E dimmi inoltre, se lo conosci,
se v’è del male rimedio o farmaco.
Schiudi le labbra: favella a questa
vergine, a errore misero spinta.
prometeo
Ben chiaro ciò che brami io ti dirò,
senza enimmi intrecciar, semplicemente,
come ad amici si convien. Tu scorgi
quei che ai mortali il fuoco diè: Promèteo.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.