< Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) III.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
276 EURIPIDE

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie di Euripide (Romagnoli) III.djvu{{padleft:279|3|0]]


teseo

Che c’è? Forse piombò sopra le due
città vicine una sciagura nuova?

servo

Per dirla in un sol motto, è spento Ippòlito:
per pochi istanti ancor vedrà la luce.

teseo

Per man di chi? L’inimicizia forse
d’alcuno avea contratto, a cui la sposa
disonorò, come a suo padre, a forza?

servo

Il suo carro l’uccise, e la sventura,
che tu, pregando il padre tuo, del pelago
signore, contro a tuo figlio imprecasti.

teseo

O Numi, e tu, Posídone, che certo
padre mi sei, che le mie preci udisti!
Come morí? Narra: in qual modo il màlleo
di giustizia colpí quei che m’offese?

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.