< Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) III.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

IPPOLITO 281

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie di Euripide (Romagnoli) III.djvu{{padleft:284|3|0]]

E teco, rapidissima
lanciando Amore
l’ala versicolore,
su tutta la terra s’aggira,
e su la salsedine
del ponto sonoro.
E molce, se alígero,
se rutilo d’oro
s’avventa in un cuor che delira,
le fiere che vivon sui vertici
dell’alpe, o nel pelago,
e quante la terra ne nutre,
arsa, ammirata dal sole,
e degli uomini molce la prole.
Ogni progenie, o Cípride, s’inchina
a te, sola regina.

Sull’alto della reggia appare improvvisamente Artèmide.

artemide

Parlo a te, nobil figlio d’Egèo,
ascoltami: Artèmide
sono io, di Latona la figlia.
Tesèo, sciagurato, perché
gioisci di queste sventure?
Perché della sposa le false
parole, ti fecero certo
d’incerti misfatti, empiamente
tuo figlio uccidesti; e palese

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.