< Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) IV.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

IFIGENIA IN AULIDE 143

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Tragedie di Euripide (Romagnoli) IV.djvu{{padleft:146|3|0]]

vuol ricondurre la sorella, Elèna,
dalla reggia di Priamo ai lidi d’Ellade
con lance e scudi; e avran gli Dei gran pena.

Epodo

E le torri marmoree
della rocca di Pergamo
con le omicide cuspidi
circondate, e dai culmini
distrutta la città,
le figliuole di Priamo
e la sposa nel pianto immergerà,
e di Giove la figlia
che lo sposo tradiva, Elena, lagrime
versare anche dovrà.
Deh, mai tale presagio
io debba avere di futuro danno,
come le spose frigie ornate d’oro!
Ai telai sederanno
e diranno fra loro:
«Chi dunque, per la florida
chioma ghermita, con furia di lagrime,
dalla distrutta patria
ne rapirà sua preda,
per te, che sei germoglio
d’un collilungo cigno, se veridica
è la fama che a Giove, allor che aligera
parvenza assunse17, te generò Leda,
se pure inani favole
queste non sono, che gli uomini appresero
dalle pierie tàvole».

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.