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ancora comuni alli sudditi. Ma nella prudenza il suddito non ha già parte, ma è sua virtù una opinione vera. E sta, ponendo in esempio, il suddito come quei, che fa il flauto; e il principe come quei che l’usa. E per le cose dette s’è manifestato, se la virtù dell’uomo buono, e del cittadino buono sia la medesima o sia differente; o in che modo ella sia la medesima, e in che modo ella sia differente.
Ma e’ ci resta ancora un dubbio del cittadino, s’egli è dico, cittadino veramente chi può partecipare de’ magistrati, ovvero se gli artefici ancora si debbono mettere per cittadini e dato che ancora si mettino per cittadini quei, che non possono partecipare degli onori, e’ ne seguirà, che la virtù detta disopra non potrà essere in tutti li cittadini, posto digià, che tali sieno cittadini. E se noi non vogliam porre alcun di costoro per cittadini, in che parte, od ordine gli collocheremo noi? Non già infra li servi, che abitino con noi, nè infra li forestieri. Ovvero diremo, che per tale detto non c’intervenga inconveniente nessuno; conciossiachè nè li servi ancora, nè li liberti si mettino nel numero d’alcuni dei conti.
Questa determinazione è ben vera, che tutti non si debbano mettere per cittadini quegli senza li quali non può stare la città, perchè nè ancora li fanciulli nel medesimo modo, che gli uomini, sono cittadini: ma questi sono veramente, e quegli per supposizione; essendo invero cittadini, ma imperfetti. Negli antichi tempi adunque appresso a certe nazioni li artefici, e li forestieri v’erano servi; e ancora oggi si mantiene nella più parte un simile costume. Ma la republica ottima non farà mai cittadini gli artefici. E se pure questi ancora saranno cittadini, e se la virtù del cittadino è la detta da me, sarà da determinare, che la virtù detta non s’appartiene a ogni cittadino, nè ad ogni libero,