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ho detto, e se ciascuna di queste fusse ancora infra se differente, io, dico, verbigrazia, se e’ si desse più sorti di bocche, e di ventre, e di sensorî, e di parti motive[1], il numero, dico, di queste congiunzioni differenti farebbe ancora differenti le specie di essi animali; perchè e’ non è possibile, che un medesimo abbia bocche di varie sorti, nè orecchi similmente. Laonde prese che fussino tutte le combinazioni, che ci si possono fare, allora si farebbono le specie degli animali, e tante verrebbono ad essere, quante sono le combinazioni delle parti sue necessarie. Il medesimo adunche avverrà negli stati detti, perchè le città non sono composte d’una parte sola, ma di molte, siccome io assai volte ho detto.
Una parte d’essa adunche è quella che attende al nutrimento della terra, e questa è quella dei contadini. La seconda è quella degli uomini vili. E tali sono quei che attendono alle arti; senza il servigio dei quali la città non si può abitare. Delle quali arti alcune per necessità debbono essere nella città, e certe ve ne debbono essere per delizie, e per il ben vivere di quella. La terza parte della città è la mercantile. Io chiamo tale quella di chi consuma il tempo suo in comperare, e in vendere, e nei mercati, e nelle usure, o nei cambî. La quarta è composta d’uomini sordidi. La quinta è de’ difensori. La qual parte non ha meno necessità di nessuna dell’altre, se egli è vero, che ella non abbia a restare suggetta di chi venisse ad affrontarla. Imperocchè e’ non è possibile, nè giusta cosa chiamare città quella che sia per natura serva; conciossiachè la città sia sufficiente e il servo no.
Onde nella republica di Socrate[2] questa parte è detta bene ornatamente, ma con poca sufficienza. Perchè Socrate afferma la città essere di quattro sorte uomini necessariamente composta, cioè di tessitori, di contadini, di coiaî, e di muratori,