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sorti; di modo che le republiche ottimati diventino piuttosto stati di pochi, e le republiche inchinino più al popolare stato. Io vo’ dire quelle combinazioni, che si debbono considerare, e che per ancora non sono state considerate; com’è verbigrazia, se ’l membro che consiglia, e quello ch’è intorno alle elezioni dei magistrati fussino congiunti da stato stretto, e se quello, che consiglia, fusse assettato da stato largo; e quello, che è intorno alla elezione dei magistrati, fusse assettato da stato stretto, o in altro modo stessino le combinazioni in uno stato non propriamente assettate.
Ed ho io detto innanzi qual sorte di popolare stato convenga a questa, od a quella città; e così a quai popoli convenga questa o quella sorte di stato stretto. E medesimamente negli altri stati ho discorso quali d’essi stieno bene in questo, o in quell’altro luogo; con tutto ciò debbe essere egli manifesto da me, non tanto qual di questi stati sia più comodo alle città, quanto il modo, nel quale ei debbe essere fabbricato. Onde non pure questi, ma tutti gli altri andremo così toccando con brevità, incominciandosi dallo stato popolare: perchè dicendo di lui si verrà a un tempo medesimo ad avere dimostrato del suo contrario, il quale è detto stato di pochi potenti.
Piglinsi adunche per fare questa dottrina tutti gli ordini popolari, e quegli che paia che conseguitino ai detti stati; imperocchè dagli accozzamenti di questi simili ordini ne risulta che le specie degli stati del popolo sono di più sorti, e che tali sono differenti. Che due sono invero le cagioni, onde gli stati popolari sono diversi. La prima è la detta innanzi, cioè che li popoli sono differenti, essendone uno atto alla agricoltura; un altro all’arti meccaniche, e un altro a vili esercizî. Dei quali il primo accozzatosi col secondo, e il terzo con amendue, farà, che