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e dello stato della città, e delle convenzioni fatte tra i particolari; che la concione sia padrona di ogni cosa, e che nessuno magistrato sia padrone di nulla o di poche cose, o almeno che la concione sia padrona delle grandissime.

Infra li magistrati quello del consiglio è popolarissimo, dove a tutti non si dia salario; perchè allora si toglie la forza a tal magistrato: perchè il popolo, che tutto v’è salariato, riduce quivi tutti i giudizî siccome io ho detto innanzi nella dottrina datane. È oltra di questo ordine da tale stato, che e’ ci si dia salario a tutti; e massimamente alla concione, ai giudizî, e ai magistrati, o almanco ai magistrati, ai giudizî, al consiglio, e alle concioni principali; o a quei magistrati, con li quali per necessità si conviene insieme a mangiare. Oltra di questo perchè lo stato dei pochi potenti si diffinisce con la stirpe, con la ricchezza e con la erudizione, ordini popolari però verranno ad essere il tenere conto degli ignobili, dei poveri, e degli artefici.

E che dei magistrati nessuno se ne dia a vita; e se e’ ve ne fusse pure rimasto alcuno di quei dello stato mutato, che e’ se gli lievi la forza; e che li magistrati in cambio d’essere eletti sieno tratti. E questi ordini sono comuni adunche agli stati di popolo, i quali hanno la giustizia che si confessa in simili stati; la quale è che tutti li cittadini abbino il pari numerale. E in questo consiste il giusto dello stato popolare, che veramente sia tale; perchè esso è pari. Ed è giusto che li ricchi non punto più dei poveri sieno partecipi nel governo; e che non soli li ricchi sieno sopra gli altri, ma tutti ugualmente per via del numero. E in tal modo si stima in tale stato esservi la

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parità e la libertà.

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