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Dubitasi dopo questo discorso in che modo s’avrà il pari in tale stato, o facendo che ’l censo di cinquecento cittadini si divida in mille, e che li mille possino quanto li cinquecento; ovvero non si dee porre la parità in questo modo, ma bene dividergli in cotal modo. E poi preso dei cinquecento, e dei mille tanti d’ogni membro, ugualmente fargli padroni delle elezioni dei magistrati, e dei giudizî. Questo adunche sì fatto modo sarà ei quel modo che è secondo il popolare giusto, ovvero sarà ei piuttosto quello che sia per via della moltitudine delle facultà? Che li popolari invero affermano essere giusto quello, che pare alle più; e li pochi all’incontro quello, che pare a chi ha più facoltà: dicendo che e’ si debbe giudicare il giusto dalla eccellenza delle facoltà.

Ma l’un modo e l’altro (per dire il vero) ha il disuguale, e l’ingiusto. Che se e’ si pone per giusto quello che pare alli pochi, ella fia tirannide; conciossiachè se infra loro ricchi vi sia uno più ricco degli altri, secondo tale giusto e’ sarà solo principe. E se e’ si pone il giusto nel modo, che vogliono i più, e’ ne conseguiterà, che e’ torranno ingiustamente la roba ai suoi possessori, e che sono di loro manco per numero; siccome io ho detto, innanzi. Qual sia adunche la parità, che l’uno e l’altro stato confessa, considerisi dalla difinizione, onde amendue questi stati fanno il giusto: che l’uno afferma quello dovere essere valido, che pare alli più cittadini.

E sia (diciamo) questo vero, ma

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