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libro primo — cap. viii. | 41 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Trattato de' governi.djvu{{padleft:60|3|0]]vitù; che invero l’artefice vile ha una certa servitù determinata. Oltra di questo il servo è così per natura; ma nè il cojajo, nè nessuno altro artefice è così per natura. È manifesto adunque che della virtù che ha il servo, ne debbe essere cagione il padrone, e non chi ha la podestà signorile in insegnare gli esercizj servili. Onde non bene afferman coloro, che vogliono privare i servi di ragione; dicendo, ch’egli hanno ad eseguire solamente il comandamento. Anzi, dico io, che maggiormente si debbono ammonire i servi, che i fanciulli. E di tali cose basti la data determinazione. Ma del marito e della moglie, e del padre, e dei figliuoli, qual debba essere la vita di ciascuno; e quello, che stia o non stia bene nella conversazione da farsi infra loro; e qualmente e’ si debba seguire il bene, e fuggire il male; di tutte queste cose, dico, è di necessità discorrerne dove si tratterà degli Stati. Imperocchè essendo la casa tutta parte della città, e le cose dette essendo parte della casa; e la virtù della casa dovendo riguardare alla virtù del tutto: però è di necessità d’istruire i fanciulli e le mogli, avendo l’occhio alla repubblica se egli è vero, che a fare la città virtuosa, importi che i fanciulli, e le mogli sieno virtuosi. E che egli importi è certissimo, conciossiachè le mogli sieno la metà degli uomini liberi; e che dei fanciulli si tragghino i governatori degli Stati. Laonde essendosi qui determinato di loro, e del resto altrove dovendosi determinare, lasciato qui, come finito questo ragionamento, parliamo ormai con un altro principio: e innanzi tratto facciamo considerazione di quello, che è stato detto dai savi della republica ottima.
fine del libro primo.