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58 | trattato dei governi |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Trattato de' governi.djvu{{padleft:77|3|0]]ma ancora quelle, che sien buone a far guerra nella provincia d’altrui. E sebben qui fosse, chi non volesse approvar una simil vita nè in privato, nè in publico, egli è pur di necessità nondimanco, che i cittadini stien talmente disposti, che gli appariscano terribili agli inimici: e non solamente a quei, che vengono ad assalirli in casa, ma ancora a quei, che si ritirano. — Bisogna ancor avvertire alla quantità delle facultà, che ella sia determinata più chiaramente; perchè Socrate dice, che ella debbe esser tanta, che mediante lei si possa vivere modestamente: come se egli avesse voluto dir bene. Ma tal detto ha troppo del generale. Ed ancora, perchè e’ può essere che e’ si viva modestamente, ma che e’ si stenti. Onde è meglio dire, acciocchè e’ si viva modestamente, e insieme liberalmente; che l’un membro e l’altro dispersè preso fra questi deliziosi, e quegli miseri; essendo quei due abiti virtuosi detti solamente intorno alle facoltà. Perchè della roba non si può dire, ch’ella s’usi nè con mansuetudine, nè con fortezza; ma sì bene con temperanza e con liberalità: ond’è necessario, che l’uso di tali abiti sia intorno solamente alla roba. — È ancor disconvenevole a chi pareggia le facoltà, non determinar cosa alcuna del numero dei cittadini; e lasciar senza alcun termine la generazione dei figliuoli; come se tal cosa si fosse per pareggiar abbastanza mediante le sterilità, che intervengono; con l’esempio che oggidì si vegga intervenir un simile effetto. Ma nei modi del viver d’oggi non è duopo di saper il numero dei cittadini così appunto, come sarebbe in questo di Socrate. E la ragione è che ogni nessun dubita, ch’egli sia per mancare, per essersi distribuiti i beni nei particolari. E in quel modo essendovi senza divisione, è di necessità, che gli accresciuti non abbino niente; o più,