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L’opera del Divino Amore 143

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monastero ne aveva pochi da spendere, e suor Maria Faustina diceva che bastava don Matteo Curcio, il cappellano, per gli esercizi spirituali.

C’era in quel tempo novizia a Santa Maria degli Angeli, Bellonia, figlia di Pecu-Pecu, il quale arricchitosi col battezzare il vino, aveva messo superbia per sè e pei suoi e aveva pensato di far educare la figliuola fra le prime signore del paese — motivo d’appiccicarle il Donna, se giungeva a maritarla come diceva lui.

Bellonia però, rimasta nel sangue bettoliera e tavernaia, in convento ci stava come il diavolo nell’acqua santa, e gliene fece vedere di ogni colore, a lui Pecu-Pecu, e alle monache tutte quant’erano. La prima volta fuggì ficcandosi nella ruota del parlatorio. Una povera donna che si trovava lì appunto a ricevere non so che piatto dolce dalle monache, rimase figuratevi come, invece, al vedersi sgusciar fuori dallo sportello quel diavolo in carne, appena girò la macchina. Un’altra volta si calò dal muro dell’orto, colle sottane in aria, a rischio di spezzarsi il collo. Un giorno che si facevano certi lavori nel monastero, e c’era quindi un via vai di muratori alla porta, Bellonia si cacciò fra le gambe della suora portinaia, e

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