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Epitaphio del Re di Napoli.

I
O ch’el furor Barbarico constrinsi

A dar le spalle a Italia a passo lento,
  Et qual nobil leon tra crudo armento
  La terra e ’l mar del hostil sangue tinsi:
Fernando fui che venni, vidi, & vinsi;
  Rendendo a Ragona el nome spento;
  Et racquistato el regno in un momento
  Mio fragil corpo, & non mia fama estinsi:
Gioventu, gratia, ingegno, alta corona.
  In mezzo el corso d’ogni mia vittoria
  Derise morte ch’a nessun perdona:
Sprezza dunque lettor l’humana gloria,
  Che in cener torna: & con opera bona,
  Cerca in ciel patria, e ’n terra util memoria:

Della morte di Lorenzo Tornaboni.

I
O che gia fui thesor de la natura

Con man legate, scinto, & scalzo vegno,
  A porre el giovin collo al duro legno
  Et ricever vil paglia in sepultura:
Pigli essemplo da me chi s’assicura
  In potentia mortal, fortuna, o regno,
  Che spesso viene al mondo al cielo a sdegno
  Chi la felicita sua non misura:
Et tu che levi a me gemme & thesauro,
  La consorte e figliuoi la vita mesta,
  Che piu poi troverei un Turco, un Mauro?
Fammi una gratia almen turba molesta,
  A coleei cui tanto almo in piatto d’auro
  Fa presentar la mia tagliata testa:


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